Warlock (Id, 1958): l'ho letto in italiano, non penso di aver perso molto della qualità linguistica dell'autore. Questo è un testo di contenuti più che di arte.
Romanzo western scritto da Oakley Hall nel 1958, gli valse la candidatura al Pulitzer ed è il suo libro più noto e importante.
E' un romanzo corale con molteplici protagonisti che rappresentano lo stato della vita nelle città di frontiera negli ultimi anni dell'Ottocento.
Warlock è il nome della città, non realmente esistita, e i fatti raccontati sono liberamenti ispirati a Tombstone, la sfida all'O.K. Corral, le vite di Wyatt Earp e Doc Holliday... e altri miti del west.
Non a caso, infatti, il successo di Warlock spinse Hall a scriverne due seguiti: da quanto ne leggo online, non sono proprio seguiti quanto piuttosto 'altre storie ambientate nello stesso UNIVERSO CONDIVISO (!)'. I tre romanzi insieme vanno sotto il nome di 'Trilogia delle Leggende del West'.
Tutto questo è molto bello ma c'è un minuscolo elemento che mi ha talmente sorpreso da doverne parlare ora, subito.
C'è una bestemmia. Uno dei personaggi, neppure uno dei peggiori, nella traduzione italiana esclama un inaudito 'dio cane'. E' un fatto straordinario leggere bestemmie in un libro italiano: normalmente il personaggio viene detto bestemmiare, ma mai aprire un virgolettato con la bestemmia scritta nero su bianco. Difficile dire se si tratti della traduzione di un meno formidabile 'goddamn' o altro, e non mi interessa così tanto da verificare il testo originale.
Western crepuscolare (uno dei primi e definenti del genere) di quelli alla fine, in questo caso all'inizio della fine, della Frontiera Americana: la legge e l'ordine sono cosa comune nelle città dell'Est, molto diversa la situazione nel più estremo Ovest. Warlock è a Ovest e Sud: lontana dalla nascente struttura istituzionale americana, a un giorno a cavallo dal più vicino tutore della legge, ma molto vicina al Messico. Warlock non è un piccola città: sorge vicino a una ricca miniera, è piena di negozi e vita.
Intorno a Warlock è pieno di pascoli e latifondi. Pascoli e latifondi significano cowboy. Cowboy e niente sceriffo, significano che a Warlock c'è un grave problema di ragazzotti ubriachi e armati che girano per le strade spadroneggiando e ammazzando.
I cittadini più influenti di Warlock si radunano e decidono di assoldare un Marshall, uno sceriffo privato che venga a portare ordine e legge con il piombo.
Non è un romanzo d'azione: la sparatoria più importante accade fuori scena, un paio di sparatorie minori godono di al massimo un paio di pagine; l'autore non si è concentrato sul divertimento ma sulla rappresentazione umana e sociale: è un librone bello lungo e pieno, ma non è vessato da pedagogiche riflessioni del narratore sulla morale e l'etica. Il conflitto umano è vissuto e messo in scena direttamente dai protagonisti, dal modo in cui interagiscono e parlano tra loro.
Warlock è un romanzo di intensi dialoghi tra personaggi duri che hanno poca dimestichezza con la parola. E' una soluzione brillante e geniale: eroi della pistola che cercano di parlare, ma gli mancano letteralmente le parole e non riescono a far passare, a trasmettere il significato dei loro messaggi prima che sopraggiunga la violenza.
Ci sono molte scene di questo genere: Clay con Tom, Clay con Bud, Bud con Abe, Curley con Abe.
Hall presenta una teoria di scene e protagonisti che provano a uscire dal circolo di violenza cercando di parlarne tra loro, falliscono per la mancanza di pratica, per peer pressure e spesso a causa del loro passato e reputazione. C'è un intrinseco senso di condanna e maledizione, impossibilità di cambiare per sopravvivere.
Il marshall arriva ed è tutto quello che si sperava fosse: un uomo bello, chiaramente coraggioso, fermo e determinato, giusto e non impulsivo nell'uso della pistola, un lampo a estrarre quando necessario.
Il problema, come sempre ma in questo romanzo è probabilmente un esordio, è la permanenza: la gente di Warlock vuole un fulmine di violenza per spazzare via tutti i violenti, ma il fulmine attrae altri violenti, la violenza è una spirale. La situazione inzialmente sistemata può solo peggiorare.
A seguito del Marshall arrivano un noto baro, il suo migliore amico, disprezzato da tutti per buoni motivi, ma a sua volta incompreso e vittima di se stesso; una donna assetata di vendetta che chiama il nostro eroe assassino e lo svela non dissimile dai cowboy che è stato chiamato a sconfiggere, ma gli fa torto.
Nel romanzo, specialmente da metà in poi, tutto questo sembra però sparire un po' sullo sfondo: diventa più importante mostrare l'intero ambiente, piuttosto che le singole vicende. Abbiamo minatori che combattono per una vita più dignitosa, aiutati dal Dottore della città che li vorrebbe organizzati in un sindacato, ma ovviamente i minatori preferiscono anche loro la violenza. C'è lo stato centrale, rappresentato da vecchi militari usciti di senno, senili, completamente inadatti al governo che non è una continuazione del comando di eserciti. Ci cono i cowboy che, tutto sommato, vorrebbero solo difendere lo stile di vita che hanno seguito per decenni e che, certamente, non li ha resi felici o ricchi. Ci sono due personaggi femminili, solo due e non si sarebbe potuto chiedere di più a Hall negli anni '50, che sono anche esse promotrici di violenza diametralmente opposte. Ci sono altri cittadini di Warlock tutti più o meno invischiati e incasinati.
Un'intera città sull'orlo del baratro dove tutti vorrebbero fare la cosa giusta, ma la cosa giusta richiede sacrificio e il pericolo di morire, ed è più facile farla fare ad altri.
E' un bel romanzo ma è anche vecchio. Tono, stile e contenuti sono datati: interessanti, specialmente per un appassionato di western, ma trattati con la sensibilità di 60 anni fa. Un po' troppo melodramma, prolisso, certe sezioni sono pallosissime e avrebbero potuto godere di ampie sintesi, alcuni personaggi sono eccessivamente stereotipati (oggi)... non è McCarthy, ma non avrebbe potuto esserlo: Warlock di Oakley Hall è un pezzo di storia del romanzo del '900 americano, un tassello letterario fermamente incuneato in un periodo di grandi stravolgimenti culturali.